La tua bellezza, Mustafah Sahar, Marcos y Marcos 2020

Mustafah Sahar, La tua bellezza, Marcos Y Marcos 2020 €18.00

Afaf Rahman, la protagonista di questo romanzo, è la preside di un liceo femminile islamico in una località vicino Chicago. All’improvviso irrompe nella scuola un uomo armato che comincia a sparare. Quest’atto brutale coglie la protagonista raccolta in preghiera e appartata in una stanzetta. Mentre sente gli spari comincia a ripercorrere la sua vita attraverso i decenni fondamentali della sua vita. La famiglia di Afaf è palestinese, i genitori sono immigrati in America e i loro tre figli, dei quali Afaf è la più piccola, sono nati in America. Anche se l’intera vicenda si svolge in America, la famiglia rimane costantemente legata alle proprie radici, senza riuscire ad integrarsi mai veramente.

Ogni personaggio a modo suo conduce una vita faticosamente in bilico tra la loro casa dove la cultura d’appartenenza è espressa nella musica che si ascolta ed è suonata dal padre, nei piatti che si cucinano e nelle espressioni di affetto tutte in arabo, e il fuori. L’anno da cui comincia la storia, il 1976, quando Afaf ha 10 anni, è segnato da un fatto tragico, la sparizione della figlia maggiore Nada, fatto che non sarà mai superato dai genitori, particolarmente la madre. Tutta la gioventù di Afaf è caratterizzata dalla voglia di integrarsi nella società americana, cosa che la porta a fare sempre scelte sbagliate e che al contrario di ciò che vorrebbe, la riportano sempre sui margini della socialità, non riuscendo a trovare la propria identità. Tutta la linea femminile della famiglia, la madre e le due figlie, sembra destinata a scontrarsi con il mondo occidentale: la madre non vuole rinunciare alla propria identità di palestinese e non riuscendo a trovare una via mediana di convivenza, sopravvive tra crisi depressive e un progressivo isolamento anche dalla sua stessa famiglia fino a quando non trova l’unica soluzione possibile nel ritorno in Palestina, lasciando marito e figli. Nada è scomparsa per un’incapacità di vivere una vita troppo palestinese e troppo poco americana. Anche Afef si trova a percorrere la stessa strada della sorella, ma malgrado appartenga ad una famiglia per nulla religiosa, si avvicina con il padre alla comunità musulmana e trovando accettazione e affetto, riesce, accettando sé stessa per quella che è, palestinese e musulmana, a trovare il proprio personale modo di integrazione nella società americana. Figura centrale è il padre di Afaf, che pur vivendo male la propria condizione di immigrato, trovando spesso conforto nell’alcol, si avvicina alla comunità religiosa musulmana, che li accoglie pienamente al proprio interno.

Nell’avvicinamento alla comunità religiosa c’è la svolta nella vita di Afaf: la frequentazione delle comunità e i rapporti che si instaurano con le loro componenti tramite l’accettazione e l’accoglimento all’interno della comunità, la porta alla scelta di indossare il velo. Una scelta quindi apparentemente estrema ed integralista, ma che le consente di riconoscersi per quella che è, araba e musulmana. Afaf fa l’insegnante, portando la propria identità culturale nella società americana, anzi facendosi spesso mediatrice tra le due culture; la comunità e la religione, l’islam, le garantiscono di trovare un senso di appartenenza e di realizzarsi come insegnante, come moglie e come madre di tre figli. Nell’oggi, preside del liceo femminile, quando si trova di fronte l’uomo americano armato fino ai denti, si riscuote dai ricordi della propria vita e anche dopo esser stata ferita gravemente nell’attentato, riprende la sua vita e torna nella sua scuola e vuole capire le ragioni di tanto odio e violenza che nascono dallo strato sociale americano povero culturalmente oltre che economicamente.

I temi attualissimi dell’integrazione, dell’odio razziale e della religiosità sono descritti in questa storia con la convinzione da parte di Afaf che sia possibile trovare una speranza di pace. Il romanzo ci offre la visione intima del mondo di una donna velata che va alla ricerca del perché della violenza, dimostrando come indossare l’Hajib non sia il sinonimo di religiosità estremizzata o radicale. Nella lettura di questo romanzo si è trascinati da una tensione emotiva dovuta al ritorno alla fine di ogni decennio alla tensione dell’attacco terroristico da parte del killer bianco e americano che ci riporta alla consapevolezza della minaccia e della violenza che scaturiscono dal bigottismo e dall’islamofobia.

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